Osservazioni sul regime alimentare del
Cormorano (Phalacrocorax carbo sinensis)
nel Delta del Fiume Po nella stagione 1993/94.

 

Stefano Volponi & Piero Callegarini

Dipartimento di Biologia - Università di Ferrara
Via Borsari 46, I-44100 Ferrara

 

Introduzione

A partire dai primi anni '80, parallelamente a quanto evidenziato dalle popolazioni centro e nord europee, la presenza del cormorano nell'area del Delta del Po è divenuta via via più regolare e cospicua (Baccetti, 1988; Boldreghini et al., 1992) tanto che oggigiorno la popolazione di questo uccello acquatico coloniale rappresenta una componente importante nell'ecosistema deltizio. Presente in passato prevalentemente nel periodo migratorio e durante l'inverno, attualmente il cormorano si riproduce in alcune zone umide del Delta; infatti dopo l'insediamento della colonia di Val Campotto (Spina et al., 1986), dal 1993 nidifica presso Valle Bertuzzi nello stesso sito che ospita uno dei più importanti dormitori invernali dell'Alto Adriatico (Boldreghini et al., 1993c; 1993d) e dal 1994 presso Valle Mandriole (Volponi 1994). Notevole stimolo hanno pertanto ricevuto gli studi tesi ad indagare i diversi aspetti dell'ecologia di questa specie ittiofaga nell'area deltizia: in particolare essi si sono rivolti alle modalità di insediamento ed alla dinamica della popolazione svernante (Boldreghini et al. 1993a, Volponi & Rossi 1993), alla biologia riproduttiva (Volponi, 1994, 1995), ed alla dieta (Boldreghini et al. 1993b). In questo lavoro riportiamo nuovi dati sulla composizione della dieta che viene analizzata dal punto di vista quali e quantitativo.

Area di studio e metodi

Per lo studio della dieta degli uccelli acquatici si può generalmente far ricorso a tre tecniche principali (Duffy & Jackson, 1986) che comprendono l'osservazione diretta, l'analisi dei contenuti stomacali e l'analisi dei boli alimentari. Ciascuno dei tre metodi presenta vantaggi e svantaggi e la scelta di utilizzare l'uno o l'altro va considerata sulla base delle condizioni sperimentali e della specie studiata. Per quanto riguarda il cormorano, l'osservazione diretta degli individui in alimentazione oltre che assai dispendiosa in termini di tempo fornisce una idea solo parziale della dieta poiché nella gran parte dei casi risulta assai arduo identificare il tipo e la taglia delle prede; d'altra parte anche l'analisi dei contenuti stomacali, che peraltro richiede il sacrificio dell'animale, presenta un certo grado di indeterminazione dovuto allo grado di digestione delle prede che spesso ne rende difficile la determinazione tassonomica e la valutazione della biomassa. Per questo studio abbiamo fatto ricorso all'analisi dei boli alimentari che i cormorani, come molti altri predatori, emettono spontaneamente e regolarmente per eliminare i resti indigeriti delle prede (principalmente strutture scheletriche, otoliti, scaglie). Questa tecnica è la più diffusa per lo studio dell'alimentazione del cormorano poiché permette un'ampia replica del campionamento e, con le opportune attenzioni, permette di valutare la taglia e la biomassa della gran parte delle prede.

La raccolta dei boli è stata compiuta a cadenza mensile tra ottobre 1993 e giugno 1994 presso il dormitorio di Valle Bertuzzi (Ferrara). Dopo la raccolta i boli sono stati conservati in congelatore sino al momento dell'analisi quando, dopo essere stati posti in stufa alla temperatura di 50°C per 24-36 ore, sono stati aperti mediante pinzette ed aghi immanicati. Particolare attenzione è stata posta nell'estrarre da ciascun bolo ogni otolite, placca masticatoria o dente faringeo presente poiché queste sono le strutture che meglio di ogni altra permettono di risalire alla specie ittica predata. Esse, ed in particolare gli otoliti, permettono anche di risalire mediante l'applicazione di apposite relazioni biometriche alla taglia ed alla biomassa dei pesci predati. L'identificazione e la misurazione dei resti rinvenuti nei boli è stata compiuta con l'ausilio di un microscopio binoculare dotato di oculare micrometrico, mentre la loro determinazione tassonomica è stata compiuta facendo riferimento ad una collezione di confronto il cui allestimento è stato reso necessari dalla constatazione che la dell'iconografia esistente in letteratura riguarda specie ittiche estranee alla fauna del Delta (per esempio Breiby, 1985; Chaine & Duvergier, 1934; Harkonen, 1986).

Una volta compiuti il riconoscimento tassonomico e la stima delle dimensioni dei pesci predati, il contributo di ciascuna categoria di prede è stato analizzato in termini di: (1) abbondanza numerica (numero di esemplari di ciascun taxon); (2) frequenza di comparsa (numero di boli contenenti ciascun taxon); (3) biomassa (biomassa di tutti gli individui appartenenti ad un taxon). La valutazione contemporanea di questi tre parametri è consigliata dalla peculiarità di ciascuno di essi di descrivere un particolare aspetto della dieta (Duffy & Jackson, 1986; Hyslop, 1980). Così, ad esempio, l'abbondanza numerica tende a sopravvalutare la cattura di individui piccoli (indipendentemente dal loro contributo in peso), mentre il parametro di biomassa può risentire di prede particolarmente corpose che tuttavia possono risultare complessivamente rare; infine, la frequenza di comparsa rappresenta un parametro puramente qualitativo che considera soltanto la presenza/assenza delle diverse categorie di prede nei campioni alimentari indipendentemente dal loro contributo in termini di numero e biomassa.

Risultati

Sono stati analizzati 616 campioni per una media mensile di 68 boli; 78 boli, caratterizzati da dimensioni ridotte e formati pressoché esclusivamente da muco, sono risultati vuoti e non sono quindi stati considerati nelle successive analisi. Nei boli sono stati rinvenuti prevalentemente resti di pesci, sebbene nel 3.7% dei casi siano risultati presenti anche i resti delle esuvie di piccoli crostacei Decapodi probabilmente appartenenti al genere Palaemon e Crangon. Complessivamente sono stati rinvenuti i resti di oltre 12800 prede di cui solo lo 0.4% è risultato indeterminato. Il numero medio di prede per bolo è risultato pari a 23.8 seppure siano state evidenziate ampie variazioni stagionali con valori massimi in ottobre e minimi in gennaio (Tab.1). La dieta è risultata composta da 14 taxa (Tab. 2): tuttavia il numero di specie predate dal cormorano è sicuramente superiore poiché per motivi metodologici non risulta sempre possibile determinare le prede sino a livello specifico: questo in particolare avviene per Mugilidi, Ciprinidi, Soleidi e Gobiidi.

In termini di abbondanza numerica totale (Fig. 1), il latterino Atherina boyeri (73.9%) ed i Mugilidi (11.4%) costituiscono la base della dieta, mentre il contributo degli altri tipi di prede risulta assai minore, dell'ordine di pochi punti percentuali (passera, branzino, Ciprinidi) o inferiori all'1% (anguilla, orata, acciuga, sardina) con l'unica eccezione dei Gobiidi (5.9%). Gli altri pesci rappresentano prede marginali, rinvenute solo occasionalmente nei campioni alimentari. Latterino e cefali, pur con ampie fluttuazioni stagionali, costituiscono insieme o in alternativa le prede più consumate in tutti i mesi campionati con l'unica eccezione dei mesi primaverili quando predominano i Gobiidi (29-65%).

In termini di frequenza di comparsa (Fig. 2), i Mugilidi (61.7%) ed il latterino (57.6%) confermano il ruolo di prede più comuni, sebbene anche i Gobiidi, il branzino, la passera, i Ciprinidi e l'anguilla vengano abitualmente catturati poiché compaiono nel 10-16% dei campioni. Riguardo la composizione della dieta in termini di biomassa (Fig. 3), occorre sottolineare che non stato possibile definire completamente il contributo apportato dai Ciprinidi a causa della mancata attribuzione specifica degli otoliti rinvenuti nei boli; riguardo i denti faringei, a cui generalmente si fa ricorso per identificare le diverse specie e per stimare la taglia degli individui predati, essi sono risultati nella gran parte dei casi parzialmente o totalmente frammentati e perciò inutilizzabili. Per ovviare a questi inconvenienti Velkamp (1994) ha recentemente proposto di ricorrere ai cosiddetti chewing-pad (strutture cornee dispari, poste alla base del processo basioccipitale) di forma specie-specifica ed apparentemente poco sensibili all'azione dei succhi digestivi.

Comunque, considerato trascurabile almeno in termini complessivi il contributo dovuto ai Ciprinidi, circa il 50% della biomassa predata è costituito da cefali, mentre l'apporto del latterino si attesta attorno al 17%. Branzino, anguilla ed orata che rappresentano le specie di interesse commerciale più pregiate, compongono una quota significativa che si attesta intorno al 22%, mentre passera e Gobiidi assommano a circa il 10%. Riguardo le dimensioni dei pesci predati, indipendentemente dal taxon di appartenenza, le classi di taglia più rappresentate sono risultate quelle tra 5 e 10 cm di lunghezza standard (circa il 75%) e peso inferiore ai 10 grammi (83%), sebbene siano state rinvenute prede di peso superiore ai 700 grammi (Figg. 4 e 5). E' evidente che la distribuzione per classi di taglia e peso delle prede risulta fortemente influenzata dalla predominanza nel campione dei latterini, pesci che raramente superano i 10 cm di lunghezza ed i 10 grammi di peso (Boscolo; 1970; Mistri & Colombo 1988).

Discussione

I risultati di questo studio confermano la presenza dominante di Mugilidi e latterino nella dieta del cormorano nel Delta così come evidenziato anche dallo studio di Boldreghini et al. (1993b) compiuto alla fine degli anni '80. In termini di abbondanza numerica viene anche confermato il ruolo marginale degli altri tipi di preda che tuttavia possono diventare importanti in taluni periodi dell'anno. Riguardo le specie di maggiore interesse commerciale (anguilla, branzino e orata) pur risultando trascurabile il loro contributo in termini numerici, nondimeno esse rappresentano circa un quinto della biomassa complessiva predata. Sono anche state evidenziate notevoli variazioni stagionali che interessano sia la composizione specifica della dieta, sia altri parametri quali la diversità ed il numero medio di prede per bolo alimentare, che paiono strettamente legati alla distribuzione ed all'abbondanza delle diverse specie ittiche. Gandolfi et al. (1985) in uno studio sul popolamento ittico del Delta oltre ad evidenziare la presenza di circa 60 specie suddivisibili in quattro gruppi secondo la distribuzione nei diversi ambienti del Delta (specie dulcicole quali i Ciprinidi; specie eurialine che svolgono il loro ciclo biologico interamente nelle acque salmastre, specie eurialine migratrici quali l'anguilla, il latterino ed i cefali; ed infine specie marine litorali quali l'acciuga, la sardina e la sogliola) hanno anche osservato come la comunità ittica degli ambienti estuariali subisca notevoli variazioni stagionali in relazione all'andamento climatico ed alla portata del fiume Po.

In conclusione, i risultati di questo studio evidenziano da un lato che la dieta del cormorano rispecchia la composizione dell'ittiofauna locale e le sue variazioni stagionali e dall'altro confermano la notevole adattabilità alimentare di questo predatore ittiofago che appare in grado di catturare le prede via via più comuni ed abbondanti nei diversi ambienti di foraggiamento.

Bibliografia

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Volponi S. 1995. Biologia riproduttiva del cormorano (Phalacrocorax carbo sinensis) in una colonia del Delta del Po. VIII convegno italiano di ornitologia, Pavia settembre 1995.

Volponi S. & Rossi R. 1993. Primi dati sulla presenze e l'attività di foraggiamento del cormorano nelle Valli di Comacchio (Delta del Po), nel corso degli inverni 1989/90 e 1990/91. Annali dell'Università di Ferrara, Sezione Biologia e Medicina, vol. 3, 13pp.

Figure

Fig. 1. Composizione della dieta in termini di abbondanza numerica.

Fig. 2. Composizione della dieta in termini di frequenza di comparsa.

Fig. 3. Composizione della dieta in termini di biomassa (è escluso il contributo dovuto ai Ciprinidi; vedi testo).

Fig. 4. Composizione per classi di taglia e di peso di un campione di cefali predati dal cormorano; (n = numero di otoliti misurati).

Fig. 5. Composizione per classi di taglia e di peso di un campione di anguille predate dal cormorano; (n = numero di otoliti misurati).